L’attesa nell’adozione: L’adozione è un progetto

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(So che molte cose sull’adozione di cui parlerò si vivono anche nella genitorialità biologica, tuttavia io scrivo solo di quel che conosco)

 

L'attesa

 

Vorrei fare ancora una riflessione sul commento “Ma ci vuole troppo tempo!” quando si parla di adozione, di cui ho iniziato a parlare nel post precedente.
Come potrei negarlo? Per noi, dal giorno in cui abbiamo presentato al Tribunale dei Minori la disponibilità all’adozione al momento in cui abbiamo potuto guardare negli occhi e abbracciare la nostra bambina, sono trascorsi 4 anni, 7 mesi, 9 giorni e 2 ore circa.
I minuti non li ho contati: avrei potuto perdere la testa altrimenti.
Sono tanti, c’è chi ha impiegato molto di più, chi ha impiegato poco di meno: è comunque troppo!

A un certo punto, però, con questa realtà bisogna entrare a compromessi.
Come si può fare?

Forse una prima soluzione può essere non paragonare l’iter adottivo a quello della genitorialità biologica (per quanto anche su questa non vi sia garanzia di tempi brevi e programmabili), perché è così:

essere genitore adottivo non è la stessa cosa che essere genitore biologico!

 

Facciamo pace una volta per tutte con questo assioma e bando alla demagogia del “tanto è uguale”, perché non è affatto uguale.
E non se ne fa una questione di valore (una è meglio dell’altra), bensì di qualità: sono due esperienze diverse e, fino a quando non si accetterà questo stato di fatto, sarà difficile riuscire a vivere bene l’attesa e predisporsi al meglio all’arrivo del figlio in famiglia.

Una volta acquisita questa consapevolezza, che va di pari passo all’elaborazione del lutto,
quando mi fermavo a pensare a tutto il tempo che sarebbe dovuto trascorrere avevo due alternative: farmi prendere dallo sconforto o reagire con un piano di sopravvivenza.
A volte una cosa non ha escluso l’altra, di sicuro però non ho offerto il fianco allo sconforto più di quanto fosse utile per lasciare libero sfogo alle emozioni e non farle esplodere dentro.

Così ho iniziato a pensare all’adozione come a un progetto, che ha bisogno di tempo, di studio, di azione e preparazione, di altri obiettivi intermedi per concretizzarsi, il cui esito finale dipende da come si vive il passaggio dal prima al dopo.

Mi dicevo, quanto può aver senso intraprendere gli studi universitari sotto il peso del pensiero di quanti anni mancano al raggiungimento della laurea? Con che spirito ci si può preparare e presentare a un esame, già gravati dalla consapevolezza che sarà solo uno dei tantissimi altri da superare? E a che serve arrivare alla laurea, se nel frattempo non si è vissuto e non si hanno più le forze per farlo al meglio?
Ancora, come si può avviare una nuova attività se prima non si è trascorso del tempo a prepararsi, informarsi e formarsi, ad avviare le pratiche richieste dall’iter burocratico? Come si può intraprendere un’attività fruttuosa se si arriva esausti all’apertura?

Non potevo certo pensare che diventare genitore fosse più facile e, con la legittima e sempreverde speranza di tempi non infiniti, mi sono messa nelle condizioni tali da fare un passo dopo l’altro, senza voler bruciare le tappe… che poi avrei rischiato di mandare in fumo il progetto finale!

 

 


Se sei in attesa nel percorso adottivo e senti di stare spendendo male il tuo tempo, posso aiutarti con il mio servizio L’attesa nell’adozione, puoi contattarmi anche solo per un incontro conoscitivo e poi valuteremo insieme se posso aiutarti e come procedere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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