Bookcoaching: Floppy e i talenti di Amelia

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Ho un piccolo amico, affettuoso, caloroso, simpatico… diverso, come sono tutti i bambini e gli adulti, tutti diversi fra loro. Ma per qualcuno la diversità è più gravosa che per altri. E quando ci siamo incontrati l’altro giorno questa pesantezza la si notava nel suo sguardo, nella fatica dei suoi movimenti, nella richiesta scriteriata di attenzioni che neppure lui sapeva ben formulare, nel passaggio distratto e repentino da un’attività a un’altra.
Un’anima in pena di soli sei anni e già affaticata dai pensieri di cui la sua testa è intrisa, con domande che pretendono risposte ben precise, uniche, definitive, risposte che un bimbo possa capire. Perché un bambino un non so da parte di un adulto non può accettarlo: gli adulti devono sapere tutto, altrimenti che punto di riferimento sono per i più piccoli e indifesi?
Conosco la sua storia e no, io fardelli così grandi nel cuore non li ho mai avuti: non quando ero piccola, né ora da adulta e no, non li avrò mai neppure in vecchiaia, questa è una delle poche previsioni che posso fare del mio futuro. Perciò no, non posso capire cosa prova il mio piccolo amico, posso solo immaginare, ma viverle quelle emozioni è un’altra cosa, specialmente con gli strumenti di quella tenera età.
Non ho avuto occasione, ma la prossima volta che ci incontreremo ho deciso di portare con me un albo illustrato che credo possa rincuorarlo: Floppy. A cosa serve un amico? scritto da Mavis Miller e illustrato da Dr. Bestia (De Agostini 2018).
Narra le avventure di Amelia, una bambina un po’ insolita, incompresa dagli adulti e emarginata dai compagni perché ritenuta strana e diversa.
Amelia è molto fantasiosa, con grandi capacità inventive e tecniche. Il suo maggior pregio, tuttavia, è quello di riconoscersi del talento e di crederci fino in fondo, tanto che, nonostante qualche errore grossolano e goffa peripezia, sceglie di uscire allo scoperto senza vergogna nel mostrare cosa è in grado di fare, per quanto perfettibile.
Il suo coraggio verrà premiato e ciò che per lei nasce come motivo di esclusione dal gruppo diventa poi fonte di riscatto personale, opportunità di farsi apprezzare e possibilità di costruire un ponte fra lei e gli altri, grandi e piccini, che accolgono infine con entusiasmo la sua diversità.
Quante volte da piccoli ci siamo sentiti soli e diversi? E per questo anche emarginati?
E quante volte continua ad accadere anche oggi?
Possiamo scegliere: isolarci e sentirci vittime perennemente incomprese, oppure possiamo fare leva sui nostri talenti e dimostrare di cosa siamo capaci e farci apprezzare.
Certo, come Amelia, dobbiamo innanzitutto crederci noi nei nostri talenti e non ostinarci a somigliare e omologarci agli altri… il rischio è quello di diventare trasparenti!
Anche il mio piccolo amico di talenti ne ha, primo fra tutti il grande cuore, l’affabilità e la consapevolezza del significato della parola amico, tale da far arrossire tanti adulti incapaci di trasmettere calore e accoglienza come lui sa fare.
Gli auguro di riuscire a fidarsi gradatamente delle sue attitudini e quel che lo rende oggi diverso dagli altri, come per incanto, diventerà la sua bacchetta magica per essere distinto dalla massa e apprezzato!
Se solo noi adulti riuscissimo a dargli il buon esempio…

 

 

 

 

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