Bookcoaching: Dammi la mano

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Il giorno in cui il bambino si rende conto che tutti gli adulti sono imperfetti,
diventa un adolescente;
il giorno in cui li perdona, diventa un adulto;
il giorno in cui perdona se stesso diventa un saggio.
(Alden Albert Nowlan)
L’altra sera a cena eravamo in cinque e, come accade tra persone che non si conoscono tutte tra di loro, si è partiti con discorsi interlocutori per poi sorprendentemente arrivare ad argomenti profondi in ambito religioso, ma non solo, e uno tra noi ha espresso candidamente la sua opinione, con particolare riferimento ai giovani: “certe persone non devono avere la possibilità di scegliere della propria vita”.
Ora, troppo lungo contestualizzare la frase che strideva come artigli felini su una parete di metallo ma, per quanto ritenga legittima l’esistenza di idee differenti, non ho potuto nascondere una reazione stupefatta.
Tuttavia non ho voluto rinunciare ad ascoltare le motivazioni alla base di questa forte affermazione e credo di aver riconosciuto un ostentato atteggiamento erudito tipico di un ambiente culturale e sociale, in cui chi ha studiato si sente in dovere di indicare la retta via ad altri “sventurati”, ritenuti inabili al libero arbitrio, ignaro di essere probabilmente lui stesso vittima di codizionamenti che avrà assimilato come un’iniezione quotidiana di ideologie conservatrici.
Per mia natura non sono propensa alla polemica, piuttosto tendo a deporre le armi quando percerpisco che dall’altra parte non ci sono orecchie umili per ascoltare chi la realtà la vede da un’altra prospettiva, pur sapendo che la verità sia ancora un’altra cosa.
Ho dunque lasciato che qualcuno più grintoso portasse avanti il dibattito, a onor del vero mantenuto su toni moderati e civili, limitandomi a ribadire, come una nenia ipnotica, un unico concetto: “io sono sempre per lasciare alle persone la libertà di scegliere cosa fare della propria vita mostrando loro, se è in mio potere, che c’è sempre un’alternativa”.
“Hai molta fiducia nel genere umano” infine mi è stato detto.
“Sì, molta, sempre e comunque, e per sempre!” è stata la mia risposta.
“Invece tu non ne hai per niente, mi pare” ha commentato una terza persona, a fare da chiosa a un dialogo che evidentemente partiva da presupposti totalmente diversi.
Ma anche questo è il bello della diversità e, se a fine serata tutti e cinque saremo rientrati a casa con un seme del dubbio instillato nei nostri pensieri, vorrà dire che si è trattato di un confronto proficuo.
Croce e delizia del mio carattere, io difficilmente dimentico, specialmente quando avviene qualcosa che in un modo o nell’altro tocca alcune corde della mia variegata sensibilità e nei giorni successivi ho continuato a ripensare a quanto detto intorno a quel tavolo rotondo di un ristorante messicano.
Ho deciso, dunque, di rileggere per l’ennesima volta Dammi la mano, graphic novel di Simona Binni che, narrando la storia di Maya e Jonathan, due ragazzi che insieme affrontano le difficoltà della vita, ha dato diversi spunti di riflessione anche a me, anagraficamente donna, ma sempre memore di cosa significhi essere adolescente, forse perché in parte ancora lo sono.
Mi ricordo che da adolescenti era così. Bastava guardarsi negli occhi per capire che l’altro era come te. Che sapeva. Sapeva che improvvisamente il mondo rassicurante dell’infanzia stava sparendo sostituito da una nuova realtà, ancora indecifrabile. Un posto strano dove sembrava che fossero tutti contro tutti e a rimetterci erano sempre i più deboli, quelli incapaci di nascondere la propria fragilità. Allora imparavi in fretta che, per proteggerti, era meglio indossare una corazza anche se gli adulti trovavano regolarmente il modo per bucarla. Ecco che cos’è l’amicizia in quegli anni; la speciale capacità di riparare a vicenda quei buchi.
Oggi non sono diversa da allora: continuo ad avere la costante esigenza di rapporti di amicizia e di riconoscermi negli occhi di un’altra persona, per dare un senso alle mie giornate, perché il giorno in cui smettiamo di dare un valore alle nostre azioni diventiamo delle vecchie carcasse inutili.
Non mi è estranea la fatica di sentirsi incompresi e riconosco l’importanza che si uniscano due solitudini. Fa sempre bene, quando si sta male, avere qualcuno che irrompe nella tua esistenza, costringendoti a fare pensieri nuovi e soprattutto a confrontarti con i tuoi sogni.
La vita è difficile, per qualcuno molto di più che per altri, e si fanno tanti errori di valutazione: caschiamo, facciamoci pure male, ma poi perdoniamoci e ripartiamo da dove abbiamo interrotto e, così come ho detto al mio commensale di qualche sera fa, spero che a chiunque (chiunque!) non vengano mai negati la fiducia, la libertà di scegliere e, al contempo, il diritto di assumersi oneri ed onori di qualsiasi decisione presa.
Avere dei sogni nella vita è meraviglioso, ma realizzarli sarà una responsabilità. Vi costerà fatica, ci vorrà tempo, siate testardi! Non fatevi portare via la possibilità di immaginare il vostro futuro. Dovrete andare lontano. Vi sentirete soli. Un giorno però qualcuno si fermerà a guardarvi e vi riconoscerà.
Se mi guardi e mi riconosci, se sei su un’alta scogliera e vorresti fare un tuffo nel mare, ma ne hai paura, ricordati che io forse ne ho più di te, e allora… dammi la mano!

 

 

(Simona Binni, Dammi la mano, Tunuè, Latina 2015)

 

 

– Post pubblicato nel blog di Accademia della Felicità l’8 marzo 2017

 

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