Storie di chi ha osato: James Randi e la stupefacente arte di essere fragili

0
Tra le mie belle esperienze degli ultimi anni spicca per rarità quella di vedere in azione a pochi centimetri di distanza dei bravi prestigiatori; e la meraviglia è notevole al punto da non voler assolutamente scoprire dov’è il trucco, perché loro sono lì per stupirmi, non per farsi beffa di me. Esattamente come non mi sento presa in giro da un attore che “finge” di essere qualcun altro: cosa c’è di più leale che ammettere di usare artifici per donarmi qualche minuto di divertimento e sorpresa?
L’illusionismo è qualcosa di straordinario, che si serve di abilità sorprendenti sì, ma del tutto spiegabili razionalmente con gli inganni subiti di continuo dalla nostra mente, che si pregia spesso di avere tutto sotto controllo… ma anche questa è un’illusione.
C’è chi approfitta dell’ingenuità della mente, che tutto pretende di capire (quanto innocente candore!), e ne fa strumento di persuasione e truffa, c’è chi invece, pur conscio che non importa quanto tu sia intelligente o accolturato, tu puoi essere ingannato, e avendo tutte le capacità per farlo, lotta contro la scorrettezza in qualità di onesto bugiardo.
Perché c’è un’enorme differenza tra usare l’inganno per nascondere la verità, e usarlo per svelare la verità.
Ho avuto il privilegio di incontrare diverse volte di persona uno tra i più grandi prestigiatori del mondo, canadese naturalizzato statunitense, mancato da pochi anni: James Randi; l’ultima volta è stata a settembre 2017 a Cesena, ancora arzillo e in grado di affascinare con le sue narrazioni e trucchi di magia una folta platea del Teatro Bonci di Cesena, in occasione del CICAP-Fest.
©CICAP – Roberta Baria
Voglio parlarvi di lui perché ha fatto di una debolezza un punto di forza: ha impedito alla sua profonda sensibilità di diventare un ostacolo, l’ha usata costruttivamente per comprendere al meglio le persone e individuarne i punti deboli a cui puntano gli impostori, l’ha messa al servizio degli altri per proteggerli da gente senza scrupoli. Prendendo a modello il suo idolo Harry Houdini.
Non intendo riferirvi qui di tutti i suoi progetti e tentativi sempre riusciti nello sbugiardare sedicenti sensitivi e lestofanti vari, perché ne potete leggere tranquillamente nei libri e in rete, generosa di notizie e video. Permettetemi di consigliarvi, tuttavia, il film An honest liar: Truth and Deception in the Life of James “The Amazing” Randi, che documenta, oltre alla sua carriera di prestigiatore e smascheratore di millantatori, la sua grande umanità, un connubio di forza e fragilità di cui giustamente non prova vergogna.
Mi piace raccontare che il suo avvicinamento all’illusionismo è avvenuto quando era un ragazzino, durante un lungo periodo di tredici mesi trascorsi a letto a causa di un incidente in bicicletta. Già qui emerge il carattere combattivo e per nulla propenso all’autocommiserazione in un giovane Randi, che all’età di diciassette anni decise di lasciare la sua famiglia per entrare in un circo e perseguire il suo sogno.
Tuttavia, il suo più grande potere è stato non tanto (o non solo) l’affascinante arte illusionistica, piuttosto la compassione, nell’accezione usata in filosofia da Aristotele (Hobbes, Cartesio, Spinoza), ossia come partecipazione e solidarietà alla sofferenza dell’altro, non certo un sentimento di pena di “chi sta meglio” verso “chi sta peggio”: la compassione per i più deboli unita alla rabbia verso coloro i quali ingannano il prossimo facendo leva sulle fragilità umane.
Le persone pensano di credere a ciò che scelgono di credere. Non è così. Si crede soprattutto a quello di cui abbiamo bisogno di credere.
E poi l’accettazione di sé, della sua omosessualità, avvenuta chissà quando ma condivisa pubblicamente solo superati gli ottant’anni (coerente con quell’onestà morale e intellettuale, da cui tutto ha avuto inizio); e l’impegno profuso nel consentire un avvenire a colui che è diventato il suo compagno di vita, in nome del diritto a vivere dignitosamente e nel rispetto del proprio sentire.
Ho realizzato, credo in età molto precoce, che i miei sentimenti erano diversi da quelli delle altre persone e mi è stato subito abbastanza evidente che questo aspetto non era ben visto. Mi sentivo un po’ escluso.
A volte partire da condizioni di svantaggio diventa un alibi per la propria inazione (“sono troppo sensibile, troppo debole, non posso essere utile né a me né a nessun altro, sono diverso dagli altri…”, subdole convinzioni limitanti!); libero ognuno di fare le proprie scelte, ma attenzione, si tratta appunto di un’illusione, una scusa: salvo condizioni patologiche riconosciute, si può sempre trovare dentro di sé la motivazione per dare un senso alla propria vita, e a quella degli altri, ricordandoci che, se proprio non sappiamo cosa farcene dei nostri poteri per noi stessi, l’altruismo paga sempre!
Concludo con una piccola dichiarazione di orgoglio personale: James Randi non lo saprà mai e di fatto non ha alcuna importanza per me, ma quel bastone col teschio di cui faceva sfoggio con quel tanto di vanità, che contraddistingue gli uomini di spettacolo, l’ho cercato e comprato io per lui, come regalo del CICAP.
Sono molto fiera di aver contribuito, seppur in minima parte, a un pizzico di felicità di quest’uomo che di stupefacente non aveva solo l’arte delle magia!

Lascia un commento

Invia il commento
Please enter your name here